Disponeva solo frutta sul tavolo in giardino, ma, come se aggruppasse anche l’aria, con le mani, radunata e pura. Nel petto dell’estate un filo univa alla polpa i suoi gesti in ogni intimo istante un lucignolo appena un fil de la Vierge tra il campo azzurro degli occhi e l’ora della cena. Dal basso, mentre saliva un paese intero con le gambe affondate nella menta, lei carezzava le piante, con le parole più corte della terra, districando i fili lunghi dei capelli con madrepore lucenti, e, inginocchiata, ripeteva una preghiera alle radici, con il respiro, tra la salvia ed il cotone. Tornando nel giardino del principio se raccolgo, senza peso, quelle sillabe, come un mazzo di lavanda per un dono, nel lento esercizio delle mani, la sento ancora piantata tra le zolle che allatta le sue piante, a seni dritti, e altra acqua, che risale, con dolcezza, nel ventre di qualcuno che lei ama, tra le ossa cave del suo credo, la linea alba che la fa volare.
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amina narimi
- 21/08/2016 15:21:00
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FerdiNando, le mie parole vanno dietro a un filo d’acqua, ed io sono troppo debole per ingraziarti come vorrei, per dirti di come entri dentro col sentimento e il moto del sangue insieme sollevando gioia fino ad aumentarla per stabilirla nell’anima sotto forma definitiva e pura. Sai passare dalla costa all’interno, dalla pianura ai boschi fitti dei nostri scritti, e di nuovo in fondo alla scadenza delle rive, laggiù dove vale la sete. Si riemerge dai tuoi commenti , come dopo l’invocazione alle piogge, col cuore bagnato e commosso, pronti a continuare ad avanzare di fronte alla splendida notte del nostro destino, nel mistero operante della sua forza. Siamo davvero, io credo, quel grande Albero della pioggia che manda nuove radici da ognuno dei suoi svariati rami, e tu, poetamio, sei uno di quei rami generosi di co.noscenza.
Grazie Wood! di esserci di leggermi di emozionarmi con il tuo sentire
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Gil
- 21/08/2016 09:26:00
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Ha i colori di un dipinto impressionista, dove i colori-parole rivelano una lussureggiante epifania delle creature, sia il tu portante del testo, sia la natura ed il paesaggio; aggiunge, la nostra Amina, con il "consueto" (lo straordinario divenuto "ordinario") dono di una visione spirituale e metafisica, stabilizzata dall’ancoraggio alla terrestritá fenomenica del reale, quel " colore segreto" capace di trasfigurare più veri e luminosi tutti gli altri colori-parole. A tal proposito, vorrei evidenziare alcuni passaggi che dicono la grandezza, l’originalità, la genialità o il mistero di questa nostra amatissima poetessa: “le parole più corte della terra”, il “giardino del principio (la purezza dell’anima della Narimi non conosce se non nella purezza e la purezza di ogni manifestazione della Creazione, riportandoci perciò all’Eden dell’intelletto e del cuore)”, la raccolta delle sillabe come di chi eredita senza malizia la ricchezza abbondante nei doni regalati al mondo da altre sapienze, raccolte con quel “lento esercizio delle mani”; e ancora: “che allatta le sue piante, a seni dritti”; infine (ma non si dovrebbe finire, non si può finire senza recare offesa alla Bellezza, eppure accettiamo il limite di chi non sa commentare meglio e di più e il limite del tempo, che impone un orizzonte chiuso), “a, tra le ossa cave del suo credo”, con cui ribadire, assieme alla prima citazione, gli aggettivi e gli attributi che hanno cercato, con insufficienza terminologica, di descrivere la grande bellezza poetica di Amina Narimi.
S.M.I.P.
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Salvatore Pizzo
- 20/08/2016 19:32:00
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Non si può che restare a bocca aperta, godendo lincanto di versi direttamente radicati nella terra: nera e fertile di sogni ed emozioni dogni vivente... Un abbraccio dimmenso
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